La correlazione tra gli eventi sismici negli Appennini, la subsidenza in Adriatico, i recenti terremoti in mare e le trivelle: tutti gli indizi che sembrano indicare nel Monte Splendore l’epicentro del prossimo importante evento.

La cronologia degli interventi normativi sulle trivelle e la correlazione con i terremoti in centro Italia

Qui di seguito presento un quadro d’insieme del correlazioni tra interventi normativi sulla estrazione di gas in Adriatico, l’incremento di eventi sismici nell’quadrato estrattivo di fronte ad Ancona e il successivo incremento della normale attività sismica negli appennini centrali.

In questa immagine di insieme ( che può essere ingradita se scaricata sul PC) é possibile notare la lunga lista dei terremoti che si sono successi dal 2010 al 2017 nei pressi quadrato estrattivo di fronte ad Ancona.

Nel recente referendum sulle trivelle che, purtroppo ha notoriamente fallito il quorum, si é proposta l’abolizione di un DDL del giugno 2012 e del successico cosiddetto DDL “Sblocca Italia” del 2014. Il fallimento del referendum fece si che dal 2010 fino alla nascita del governo giallo-verde, le trivellazioni in Adriatico proseguissero indisturbate e, anzi, si potesse notevolmente ampliare il volume estrattivo.

Successivamente, con la nascita del governo gialloverde, uno specifico decreto del gennaio 2019 ha bloccato le estrazioni fino alla nascita del governo Meloni

Il 9 novembre 2022, il governo Meloni, riprendendo deliberazioni che erano state già avviate dal precedente governo Draghi per far fronte alla carenza di gas derivante dalle decisioni politiche seguite alla guerra in Ucraina, ha proposto un nuovo decreto che non solo consente le trivelle di ripartire, ma amplia enormemente le aree di prospezione e quelle estrattive azzerando, di fatto, qualunque tipo di limitazione di tipo ambientale, sismoco o geologico.

Queste altalenanti vicende storiche che hanno prodotto accellerazioni e lunghi stop alle trivellazioni, ci permettono, comunque, di disporre di alcuni dati che, sebbene insufficienti per fornire una certezza statistica sulla correlazione tra le trivellazioni in adriatico e i terremoti in centro Italia, ci permettono comunque un raffronto che merita attenzione.

Vediamo, dapprima, cosa é accaduto tra il 2012 ed il 2017 attraverso una analisi che ho condotto a suo tempo.

Nella immagine vengono mostrate le mappe sismiche nei vari anni. Da esse si nota subito che, pochi mesi dopo l’approvazione del decreto del giugno 2012, i terremoti in mare nel quadrato estrattivo di fronte ad Ancona sono notevolmente aumentati pur rimanendo superficiali fino a giungere alla magnitudo eccezionale di 4,8 tra il luglio e l’agosto del 2013 in corrispondenza del pesante aumento dell’attività estrattiva.

Le mappe mostrano, inoltre, che il fenomeno é proseguito per tutto il periodo tra il 2013 ed il 2014 mentre le trivelle continuavano ad estrarre gas..

Il numero di scosse in Appennino é, come si nota dalle mappe, sempre stato notevole anche prima del 2010, a testimonianza di un’area a sismicità elevata. Va, però notato, che tra il 2010 ed il 2015 la situazione é rimasta stazionaria se non addirittura lievemente migliorata tra il 2014 e 2015.

Negli ultimi due anni, però, tra il 2015 ed il 2017 (penultima mappa sismica) si nota una anomala crescita della attività e della relativa intensità sull’Appennino, concentrata in una zona ben precisa che forma un cono con centro sul quadrato estrattivo, ben chiaro nell’ultima immagine in basso.

Questa analisi da me condotta prima della nascita del governo gialloverde e del blocco delle trivelle, era da sola sufficiente a porre più di un dubbio sul peso che le estrazioni hanno avuto sull’incremento dell’attività sismica nelle aree montuose del centro Italia..

Se, però, confrontiamo la situazione degli anni precedenti con quella dell’ultimo anno prima del cambiamento di politica sulle trivellazioni, computato dall’agosto 2021 gino all’agosto 2022, si nota subito il drastico migliorramento e la riduzione delle scosse in centro italia, specie di quelle ad intensità elevata, come mostra la figura seguente.

Situazione analoga la si osserva negli dal 2018 fino al 2021 e, infatti, nessun evento di rilievo é stato registrato nell’appennino centrale durante il governo giallo-verde e durante la pandemia Covid.

Si nota, comunque, nella zona in mare, di fronte a San Benedetto del Tronto, a differenza dei precedenti anni, un aumento concentrato della attività sismica in mare con eventi anche di alta intesità (oltre i 4 gradi) che si é del tutto interrotta a fine luglio e cui, però non é corrisposto alcun evento significativo sugli Appennini.

Si ci potrebbe chiedere che cosa differenzia questa attività, da quelle descritte fin qui e da quella recente in Adriatico culminata con un sisma di 5,5 gradi, e perchè questa attività non ha prodotto, a mio avviso, effetti sull’Appennino.

I fattori di differenza sono due:

  • il primo é la profondità notevole dei fenomeni principali, posizionati oltre 30 km di profondità,
  • il secondo é la distribuzione circolare ed estremamente concentrata rispetto agli eventi di maggiore intensità (assai diversa da quella conica che abbiamo visto fin qui e che analizzeremo anche relativamente al recente sisma in mare, nei successivi paragrafi)

La grande profondità degli eventi di maggiore intensità e la forma stretta e sferica dei sismi di assestamento successivi, suggerisce che essi hanno una origine puramente geologica a differenza degli altri, per lo più assai superficiali (fino a 10Km di profondità).

Vulcanelli di fango e fenomeni di liquefazione: ecco come venivano descritti nel 2012 dall’allora direttore dell’INGV Daniela Pantosti e dal geologo Mario Tozzi

Nel 2012 una serie di dimissioni denunciarono le carenze del servizio di sorveglianza geosismologica nazionale e moldi esperti si scagliarono contro Daniela Pantosti, rea di avere portato la sua visione geologica e non sismologica, nell’ente. L’articolo riportato di seguito, riassume la situazione di allora ma ci offre importanti spunti di riflessione sul fenomeno fondamentale della liquefazione delle argille e dei vulcanelli di fango :http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/17/ingv-24-ore-si-dimettono-vertici-della-rete-sismica-nazionale-insufficienze-ed-eccessivo-sfruttamento/3395971/)

“«Non sono geyser, ma il risultato della liquefazione delle sabbie che insieme alle argille e ai limi vanno a costituire la parte superficiale della pianura padana [n.d.r. anche dell’Appennino centrale].Le onde sismiche hanno infatti provocato una sovrappressione dell’acqua contenuta negli strati. Poiché l’acqua è incomprimibile, ha causato ad alcune centinaia di metri di profondità la liquefazione dei granelli dando origine a un fango che è fuoriuscito in superficie non appena ne ha avuto la possibilità, vale a dire in corrispondenza delle fratture del terreno» – Daniela Pantosti

Poche settimane dopo questa intervista, invece, Mario Tozzi, geologo del CNR alla trasmissione il Kilimangiaro (12/02/2017), mostrava una esclusiva: l’ingrandimento al microscopio di un campione prelevato dal Monte Vettore, nella zona centrale degli ultimi terremoti commentandolo in questo modo:

“Si vede un dettaglio molto particolare, quella roccia chiara che vedi é roccia calcarea, quella roba scura…é argilla, che cosa significa? Significa che queste faglie si mettono in moto grazie a questi piccoli letti di argilla.” Mostrando, poi, un successivo maggiore ingrandimento ha aggiunto “Vedi dei piccoli grani calcarei in un letto di argilla: é quello che si muove!…ad un certo punto quando l’energia(tettonica é tanta) lo scivolamento avviene lungo questi piccoli piani di argilla…questa é la vera origine dei terremoti”. (http://www.raiplay.it/…/Kilimangiaro-Il-Grande-Viaggio… rif. ore/min/sec 3.15.20)

Nella foto seguente del Monte Vettore, si nota il fronte di quella che é, con evidenza, una megafrana che interessa gli appennini in quella zona e che si manifesta in tutta la sua gravità su una enorme frattura orizontale nella montagna, poi allargatasi durante il terremoto nelle Marche ed Abruzzo.

Purtroppo Tozzi, durante quella trasmissione non fa nessun cenno nè al fenomeno dei vulcanelli che stava dilagando al tempo, tra San Benedetto del Tronto, Pescara e l’Appennino, nè alla liquefazione dell’argilla.

In ogni caso é evidente che, per la scienza, la causa dei terremoti appenninici é lo slittamento della parte rocciosa su quella argillosa sottostante per l’azione dei movimenti di faglia.

Viene, però, da chiedersi perchè viene escluso che, stante la comparsa diffusa di vulcanelli nelle Marche nel periodo pre e post terremoto, non sia stata proprio la risalita di acqua in profondità ad innescare il terremoto liquefacendo l’argilla sotto lo strato roccioso e facendo si che il moto, una volta innescato, sia continuato senza richiedere una azione della faglia.

In altre parole possiamo davvero escludere che la continuità, persistenza e diffusione dei fenomeni dei vulcanelli di fango non sia l’effetto del moto di faglia, ma la testimonianza superficiale di innesco di un fenomeno di liquefazione dell’argilla in profondità, e di conseguenza la causa di una megafrana delle rocce calcaree sovrastanti verso l’Adriatico?

Come si può escludere che la re-immissione in pressione di acque reflue in Adriatico non abbia creato le condizioni per una mancanza di tensione alle falde degli appennini che ha agevolato il fenomeno montano? Ma questa ipotesi potrebbe solo essere una concausa.

Terremoti e Trivelle – il possibile meccanismo di innesco non sismico, dei terremoti sugli Appennini: la megafrana.

Il sistema di faglie Appenninico-Adriatiche é sicuramente assai più complesso ed interconnesso di quello già articolato riportato nelle pubblicazioni. Provando a semplificare tale la complessità e la moltitudine delle strutture geologiche interessate, si può, in maniera grossolana, pensare ad una sorta di incrocio a V con slittamenti mutui in direzioni opposte. Questo crea, in un area carsica e piena di strutture vuote, o riempite con sacche di ermetiche di gas come in Adriatico, costituisce una sorta di fragile blocco naturale allo scorrimento.

Turbando in qualunque punto questi equilibri, si favorisce la creazione di nuove dinamiche e si stimola l’ attivazione delle strutture sismiche o dei cedimenti franosi.

La sollecitazione tettonica e lo scorrimento corrispondente verso l’Adriatico può attivare, come avvenuto in Oklahoma ad esempio, l’incremento della pressione in alcune aree profonde del sottosulo, laddove il calcare si posa sul letto di argilla, in modo da portare a liquefazione lo strato argilloso su cui poggiano le masse rocciose e creando le condizioni si quella che chiamo una megafrana preceduta e seguita da “rotture” con effetti del tutto simili a terremoti ma con ipocentri assai più superficiali (fino a dieci chilometri di profondità).

Questo crea una sorta di piano fluido di scorrimento, che si amplia e muta mentre i fanghi argillosi si innervano nei vuoti. In questo modo interi gruppi di strutture superficiali comincino a “scivolare” come in una enorme frana mantenendo apparente compattezza superficiale , ma fratturandosi a pochi chilometri dalla superficie man mano che il fenomeno di liquefazione del sottosuolo transla verso il basso ed in mar,e per gravità. Tutto questo si mescola ai fenomeni si sismicita’ classici vasti nella zona , complicando l’ identificazione delle cause.

Credo che la prova di questa ipotesi sia l’innervatura dei fanghi da liquefazione avvenuta, nel caso dei vari noti eventi nelle Marche, non in montagna, ma in pianura a pochi passi dal mare trivellato, dove il sistema di faglie e la tettonica non dovrebbe, in teoria, consentire queste evento poichè non vi sono pressioni tettoniche sufficienti a giustificarli.

A tutto ciò va aggiunto l’intervento delle trivelle in Adriatico e la sua influenza sui fenomeni di subsidenza. In altre parole, come ormai noto, l’effetto delle estrazioni petrolifere e di gas, come quello che si opera in Adriatico provoca lo svuotamento delle sacche che lo contenevano ed il cedimento del suolo. Questo fenomeno é, chiaramente, ancor più grave ed accentualo laddove esiste già una causa naturale di subsidenza come nel caso dei fondali adriatici.

La subsidenza e lo svuotamento, favorito dalle estrazioni, finisce per creare nuovi vuoti che intaccano lla solidità delle falde degli appennini in prossimità dell’Adriatico e generano le condizioni per lo scorrimento di parte complessi rocciosi calcarei montuosi, sul sottostante letto argilloso, fenomeno che é, a sua volta, favorito dall’aumento delle compressioni tettoniche che ne provocano la liquefazione.

Tutto questo crea il quadro per uno scorrimento e lo sfaldamento di masse superficiali rocciose appoggiate sui fanghi argillosi, verso l’Adriatico generando fratturazione a bassa profondita’ sulle zone prossime allo strato liquefatto e creando forti terremoti con epicentri superficiali.

Ma non é tutto,

Ritengo che la sostituzione di gas con compressione di reflui salmastri , fatta per decenni ed in maniera così massiccia, in parziale sostituzione dei vuoti creati, operi in maniera del tutto diversa dai complessi gassosi originali estratti e sostituiti con reflui. Questo aggiunge una ulteriore complicazione alle dinamiche delle strutture fungendo da attivatore e sconvolgitore di equilibri precari di sistemi geologici e tettonici fortemente intercorconessi.

A mio avviso, infatti, anche che l’acqua salata dei reflui da reimmissione estrattiva, agisce e reagisce in maniera imprevedibile, specie perchè miscelata per decenni con sostanze chimiche di fluidificazione.

Questa pericolosa miscela finisceimmessa a pressione, si innerva nel sottosuolo e, oltre che causare la fluidificazione e liquefazione degli strati argillosi, potrebbe generare reazioni chimiche di tipo acido che polverizzano lo strato roccioso aggiungendo un ulteriore elemento di destabilizzazione degli strati calcarei a contatto diretto con le argille.

Perchè il Monte Splendore nelle Marche é il probabile epicentro del prossimo evento sismico di grande entità

Come noto dalla cronaca delle scorse settimane, il 9 novembre 2022 si é registrata una scossa di magnitudo 5,5 in Adriatico, la più grossa mai registrata in mare dall’inizio delle misurazioni sistematiche nel 1985 ma ad una profondità estremamente ridotta: 5 km dal livello del mare.

Questa scossa é giunta in concomitanza con l’annuncio della inclusione di un provvedimento per lo sblocco delle trivellazioni e prospezioni in Adriatico, cosa, peraltro, certa e anticipata da mesi, sin dalle ultime fasi del governo Draghi, stante la concomitante esigenza energetica nata per le decisioni conseguenti alla guerra in Ucraina.

A partire da questo evento é cominciata la prevedibile sequenza di scosse di assestamento, con una frequenza mai vista prima. Nella figura qui sotto mostriamo tutte quelle registrate nel mese di Novembre.

La natura superficiale dell’evento e la forma conica tipica, con punta verso la costa, e grandemente diffusa degli eventi successivi, mi spinge a credere che la causa principale di questo terremoto non sia da ricercarsi in cause sismiche, ma nei crolli strutturali delle sacche di gas svuotate dalle estrazioni negli anni precedenti e forse stimolati da un inizio (illegale) delle attività estrattive in previsione della approvazione certa dello sblocco, già dal mese di Agosto.

Stante quanto abbiamo fin qui illustrato, possiamo possiamo ragionevolmente proporre una assai facile profezia sulla evoluzione che si avrà, nei prossimi mesi in centro Italia e che sfocerà, a mio avviso, in un probabile terremoto di importante intensità.

Se il meccanismo di innesco che ho identificato nel precedente paragrafo é, inoltre, corretto, é anche possibile identificare con precisione l’area del probabile epicentro di questo evento: il Monte Splendore in una zona a metà strada tra Città di Castello e Cagli.

Vediamo i passi per arrivare a questa precisa identificazione.

In figura si nota come le scosse in mare seguite all’evento del 9 novembre 2022, hanno formato un tipico imbuto collocato tra le spiagge di Pesaro e Ancona. La forma triangolare, se é corretta la mia analisi, non é legata ad un evento sismico, o non solamente a quello (che potrebbe esserene una concausa) ,m, come ho anticipato, dal collasso di una enorme sacca di gas svuotata dalle precedenti trivellazioni e riattivata, probabilmente, da un pesante avvio preventivo delle trivelle (in previsione dello sblocco).

Comunque sia, é possibile norare anche che l’evento in mare é seguito dalla formazione di un ulteriore imbuto sulla terra ferma, che dagli Appennini scende verso la costa e che, ritengo, costituisce il fronte di una megafrana che si sta verificando a pochi chimometri di profondità nel sottosuolo appenninico, nello strato argilloso su cui poggiano le rocce calcaree montuose.

Tra i due coni contrassegnati in rosso ho tracciato un asse (in grigio) che conduce direttamente ad un area fortemente franosa, il Monte splendore.

Nella immagine seguente, infatti, mostro a destra la mappa del rischio frane nelle Marche, che vede proprio nella zona del monte Splendore (quadrato rosso) e in quello adiacente del probabile fronte della megafrana (quadrato blu), una rischio di eventi franosi che rasenta l’80% di probabilità (le aree in rosso scuro sono quelle a rischio maggiore)..

Comparando questa mappa con quella a destra degli eventi sismici a partire dal 9 fino al 22 novembre 2022, si nota come l’unico punto su terra ferma nel quale é stato registrato un evento sismico che superato la magnituto 2 é proprio il Monte Splendore. Inoltre, se si prendono tutti gli eventi sismici in questa zona, si nota come il punto di massima concentrazione corrisponde anche a quello di massimo rischio di eventi franosi.

Se, inoltre, ci spostiamo a sud ovest di quest’area entrando in territorio Umbro (vedi mappa del rischio franoso qui di seguiti), é facile notare come l’ area più estesa e di massimo rischio, corrisponde a tutto il fronte nord-est il cui verticecoincide con l’area del Monte Splendore nelle vicine Marche.

Il subsrtrato geologico che favorisce la megafrana

Vediamo, però, più nel dettaglio il meccanismo geologico che garantisce lo scorrimento dell’area calcarea su quella argillosa e che innesca, secondo il modello che ho esposto, una megafrana e i corrispondenti terremoti.

Per capirlo mostriamo di seguito una immagine scattata in un area non molto distante da quella del Monte Splendore, quella della gola del Bottaccione nei pressi di Gubbio.

Nella parte inferore della foto si nota la presenza di rocce calcaree stratificate sulle pareti della gola che derivano dalla sedimentazione marina della Tetide, ovvero un antico esteso oceano che, 130 milioni di anni fa, si ritirò lasciando bacini marini come il Mediterraneo, il mar Nero ed il Mar Caspio.

Al di sopra di questo si nota uno strato argilloso nerastro, noto come “livello Bonarelli”, ovvero un livello stratigrafico risalente a circa 94 milioni di anni fa che segna il limite fra le ere del Cenomaniano e del Turoniano. Si tratta di uno strato che generalmente presenta uno spessore tra i 45 e i 200 cm, composto da sedimenti prevalentemente argillosi e siltosi, di colore nerastro, con basso tenore in carbonato di calcio, ricchi di silice derivata dalla deposizione di scheletri di radiolari e con abbondante materia organica. La formazione del sedimento argilloso si deve ad un forte impoverimento di ossigeno delle acque dei mari, causato dal depositarsi sui fondali di grandi quantità di materia organica dovuto alla conquista delle terre emerse da parte degli oceani. Questo favorì la morte degli organismi viventi e la conservazione e trasformazione dei loro resti in scisti bituminose. Quest’area di origine biologica é anche quella da cui derivano le sacche petrolifere e di gas nel sottosuolo.

E’ proprio questo lo strato argilloso che forma un letto compatto che, però, in particolari condizioni di pressione o di innervamento di acque sotterranee, tende a liquefarsi consentento lo slittamento della parte superiore calcarea. Del resto, come si nota da questa immagine, a fronte di una grande resistenza alla compressione verticale, la composizione stratigrafica “a sfoglia” favorisce, invece, uno slittamento orizontale che si innesca a valanga quando vengono a mancare, a valle dell’Appennino, solide basi di appoggio.

Questo é esattamente ciò che capita quando l’appoggio degli Appennini viene a mancare nell’area costiera, a causa del fenomeno di subisidenza in Adriatico facilitato dal collasso delle sacche di gas a loro volta facilitato dallo svuotamento operato dalle trivelle e dalla reimmissione dei reflui sostitutivi che si innervano degli strati argillosi accellerando lo slittamento attraverso il fenomeno della liquefazione.

Se, quindi, per quanto fin qui esposto a mio avviso resta assai probabile che il prossimo evento sismico di grande intesità accada proprio nella zona del Monte Splendore nelle Marche, l’unica cosa che resta indeterminata é il “quando”.

Non é possibile indicare un momento preciso in cui tutto ciò avverrà, ma di certo la osservazione dei fenomeni sismici in questa area specifica e della evoluzione del “cono” di questi eventi verso la costa potrà fornire una indicazione di massima del momento in cui lo scorrimento sfocerà in una rottura drastica degli equilibi. Volendo, comunque, azzardare una previsione temporale, ritengo questo avverrà nei prossimi due o tre mesi.

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Sabato Scala, Ingegnere elettronico e ricercatore indipendente, ha elaborato e sperimentato nuove teorie e modelli matematici nei campi della Fisica dell’Elettromagnetismo, delle Teorie dell’Unificazione, dei modelli di simulazione neurale. In quest’ultimo ambito ha condotto ricerche e proposto una personale teoria dei processi cognitivi e immaginativi suggerendo, sulla base della teoria di Fisico tedesco Burkhard Heim e del paradigma olografico prima, e della fisica del vuoto superfluido negli ultimi anni, la possibilità di adozione del suo nuovo modello neurale per la rappresentazione di qualunque processo fisico classico o quantistico