L’intero universo potrebbe essere una rete neurale: una recente proposta per una Teoria del Tutto

da un articolo di

Vitaly Vanchurin  Professore di fisica all’Università del Minnesota, i cui interessi di ricerca includono la cosmologia, la gravità quantistica e l’apprendimento automatico.

Trattare l’universo come una rete neurale risolve il problema della gravità quantistica?

La fisica è stagnante. Non abbiamo avuto nuove scoperte teoriche significative da decenni. Abbiamo bisogno di un modo radicalmente nuovo di intendere l’universo? Se trattiamo il mondo come una rete neurale in fase di apprendimento, allora possiamo comprendere meglio la gravità quantistica, l’informatica quantistica e la coscienza, scrive Vitaly Vanchurin.

I fisici del XX secolo meritano molto credito. Hanno fatto non una, ma due scoperte rivoluzionarie: la meccanica quantistica e la relatività generale. Sì, avevano un buon punto di partenza, grazie alla fisica classica e statistica, ma comunque i progressi fatti sono stati sorprendenti. Prendiamo ad esempio la cosmologia. Chi avrebbe mai pensato che si potessero descrivere le fluttuazioni durante l’inflazione cosmica prima del big bang usando la meccanica quantistica e poi applicare le regole della relatività generale per studiarne l’evoluzione dopo il big bang? Ma se lo fai bene (grazie ad Alexei Starobinsky, Alan Guth, Andrei Linde, Slava Mukhanov, Gennady Chibosov e altri) ottieni previsioni molto specifiche che sono state successivamente confermate prima dalla esplorazione del rumore cormico di fondo e poi dagli esperimenti di Planck. Notevole, ma la favola finisce qui. Non abbiamo ancora idea di cosa abbia spinto l’inflazione, o cosa sia l’energia oscura o la materia oscura. Chiaramente, ci manca qualcosa di grosso e molti ricercatori (me compreso) credono che sia necessario un nuovo quadro teorico che possa unificare le scoperte del secolo precedente. 

Che sia basato sulla teoria delle stringhe, sull’informazione quantistica o sulle reti neurali, il nuovo quadro teorico sarà probabilmente trasformativo.

Ma c’è qualcosa che possiamo fare ora per accelerare questa scoperta trasformativa? Suggerisco di fare esattamente quello che farebbe qualsiasi rete neurale artificiale (o qualsiasi sistema di apprendimento) se fosse bloccato in un “minimo locale” per un tempo molto lungo; basta aumentare la “dimensione del passo”. Nel contesto della ricerca scientifica il “minimo locale” rappresenta l’incapacità di compiere progressi incrementali e l’aumento della “dimensione del passo” rappresenta l’ampliamento della portata della ricerca scientifica. In una certa misura questo sta già accadendo. Alcuni fisici stanno introducendo nuovi concetti matematici, collegando diverse aree della fisica e avviando collaborazioni interdisciplinari, ma questo non sta ancora accadendo a tutti i livelli. 

La maggior parte degli scienziati non è disposta a condurre ricerche al di fuori della propria “zona di comfort” per un motivo molto semplice: questo significherebbe molto più lavoro per molto meno riconoscimento. 

Il mio tentativo di aumentare la “dimensione del gradino” e di trovare una via d’uscita dal “minimo locale” utilizza un’idea piuttosto audace socondo la quale l’intero universo é una rete neurale cosmologica. Il suo scopo è lo stesso di qualsiasi altra rete neurale: apprendere il suo set di dati di addestramento o, in altre parole, comprendere il suo ambiente. Questo può essere banale, ma ciò che era meno banale era dimostrare che, affinché l’apprendimento sia efficace, esso deve avvenire su tutte le scale: dal subatomico al cosmologico. Per verificare questa ipotesi, ho prima sviluppato un approccio termodinamico all’apprendimento (sia di equilibrio che di non equilibrio) [1], e poi l’ho applicato per descrivere fenomeni naturali (sia quantistici che classici) su un’ampia gamma di scale. Alcuni dei miei calcoli in quest’area sono stati pubblicati in un recente articolo intitolato ” Il mondo come rete neurale”” [2]. Ciò che queto lavoro suggerisce è che gli effetti quantistici, classici e gravitazionali che osserviamo intorno a noi potrebbero non essere comportamenti fondamentali, ma emergenti di un apprendimento di una rete neurale cosmologica . Se corretto, allora ci sta dicendo qualcosa di molto profondo su come funziona la natura. 

La proposta può anche essere vista come un nuovo tentativo di conciliare la meccanica quantistica e la relatività generale – “il problema della gravità quantistica”. In altre parole, le reti neurali potrebbero essere l’anello mancante nell’unificazione della meccanica quantistica e della relatività generale. Alle scale più piccole la rete neurale cosmologica è in equilibrio, che è molto ben descritta dalla meccanica quantistica, ma alle scale più grandi la rete neurale è ancora molto lontana da un equilibrio, che è meglio descritto dalla relatività generale. 

Inoltre, il modello della rete neurale potrebbe far luce sul problema degli osservatori – “il problema della misurazione” in meccanica quantistica e “il problema della misurazione” in cosmologia, ma per questo dobbiamo prima sviluppare una migliore comprensione degli osservatori macroscopici e, forse, della coscienza. 

Questo significa che le reti neurali ci forniscono un quadro teorico migliorato per la scienza nel 21° secolo? È troppo presto per dirlo con certezza, ma è incoraggiante che un numero crescente di fisici, biologi e informatici stia seriamente valutando questa possibilità. Ad esempio, inizialmente non era chiaro esattamente quando le dinamiche di apprendimento all’equilibrio sarebbero state correttamente descritte dall’equazione di Schrodinger [1,2], ma in seguito (insieme a Mikhail Katsnelson) abbiamo mostrato che ciò accade al variare del numero di neuroni [3 ]. Ciò ha anche aperto la possibilità di costruire un computer quantistico artificiale, ovvero una rete neurale artificiale in esecuzione su un computer classico in grado di eseguire calcoli quantistici. Questo è qualcosa di cui stiamo attualmente discutendo con esperti di machine learning. 

L’idea di utilizzare le reti neurali artificiali per l’apprendimento automatico è venuta originariamente dalla biologia, ma, se l’universo è una rete neurale, allora potremmo essere in grado di “restituire il favore” e utilizzare l’apprendimento automatico per studiare, ad esempio, l’evoluzione biologica. Ora sto lavorando insieme ai biologi allo sviluppo di una tale teoria e le cose sembrano molto promettenti. 

E la cosmologia? Ancora una volta, è prematuro riportare i risultati finali, ma i risultati preliminari suggeriscono che il Big Bang potrebbe non essere altro che il momento “Aha! ” del nostro universo visto come un sistema di apprendimento. E questo è solo l’inizio di un lungo ed emozionante viaggio che ci aspetta.  

Intervista a Vitaly Vancurin

Intervistatore: il tuo articolo sostiene che l’universo potrebbe essere fondamentalmente una rete neurale. Come spiegheresti il ​​tuo ragionamento a qualcuno che non conosce molto di reti neurali o di fisica?

Vitaly Vanchurin: Ci sono due modi per rispondere alla tua domanda.

Il primo modo è partire da un modello preciso di reti neurali e poi studiare il comportamento della rete nel limite di un gran numero di neuroni. Quello che ho mostrato è che le equazioni della meccanica quantistica descrivono abbastanza bene il comportamento del sistema vicino all’equilibrio e le equazioni della meccanica classica descrivono abbastanza bene quello del sistema lontano dall’equilibrio. Coincidenza? Può essere, ma per quanto ne sappiamo la meccanica quantistica e classica sono esattamente il modo con cui funziona il mondo fisico.

Il secondo modo è partire dalla fisica. Sappiamo che la meccanica quantistica funziona abbastanza bene su piccole scale e la relatività generale funziona abbastanza bene su grandi scale, ma finora non siamo stati in grado di riconciliare le due teorie in un quadro unificato. Questo è noto come il problema della gravità quantistica. Chiaramente ci manca qualcosa di grosso, ma come se non bastasse non sappiamo nemmeno come gestire gli osservatori. Questo è noto come il problema della misura nel contesto della meccanica quantistica e il problema della misura nel contesto della cosmologia.

Allora si potrebbe obiettare che non ci sono due, ma tre fenomeni che devono essere unificati: la meccanica quantistica, la relatività generale e gli osservatori. Il 99% dei fisici ti direbbe che la meccanica quantistica è la principale e tutto il resto dovrebbe in qualche modo emergere da essa, ma nessuno sa esattamente come si possa fare. In questo articolo considero un’altra possibilità che una rete neurale microscopica sia la struttura fondamentale e che tutto il resto, cioè la meccanica quantistica, la relatività generale e gli osservatori macroscopici, emerga da essa. Finora le cose sembrano piuttosto promettenti.

Cosa ti ha dato questa idea per la prima volta?

Per prima cosa volevo solo capire meglio come funziona il deep learning e così ho scritto un documento intitolato “Verso una teoria dell’apprendimento automatico” . L’idea iniziale era di applicare i metodi della meccanica statistica per studiare il comportamento delle reti neurali, ma si è scoperto che in certi limiti la dinamica di apprendimento (o addestramento) delle reti neurali è molto simile alla dinamica quantistica che vediamo in fisica. A quel tempo ero (ed è tuttora così) in congedo sabbatico e ho deciso di esplorare l’idea che il mondo fisico sia in realtà una rete neurale. L’idea è decisamente folle, ma è abbastanza folle da essere vera? Resta da vedere.

Nell’articolo hai scritto che per dimostrare che la teoria era sbagliata, “tutto ciò che serve è trovare un fenomeno fisico che non può essere descritto dalle reti neurali”. Che cosa vuoi dire con questo? Perché una cosa del genere è “più facile a dirsi che a farsi?”

Bene, ci sono molte “teorie del tutto” e la maggior parte di esse deve essere sbagliata. Nella mia teoria, tutto ciò che vedi intorno a te è una rete neurale e quindi per dimostrare che è sbagliato tutto ciò che serve è trovare un fenomeno che non può essere modellato con una rete neurale. Ma se ci pensate bene, è un compito molto difficile, perché sappiamo così poco su come si comportano le reti neurali e su come funziona effettivamente l’apprendimento automatico. Ecco perché in primo luogo ho cercato di sviluppare una teoria dell’apprendimento automatico.

In che modo la tua ricerca si relaziona con la meccanica quantistica e si occupa dell’effetto osservatore?

Ci sono due principali linee di pensiero: l’interpretazione di Everett (o dei molti mondi) della meccanica quantistica e l’interpretazione di Bohm (o variabili nascoste). Non ho niente di nuovo da dire sull’interpretazione dei molti mondi, ma penso di poter dare un contributo alle teorie delle variabili nascoste. Nella meccanica quantistica emergente che ho considerato, le variabili nascoste sono gli stati dei singoli neuroni e le variabili addestrabili (come il vettore di bias e la matrice dei pesi) sono le variabili quantistiche. Nota che le variabili nascoste possono essere molto non locali e quindi le disuguaglianze di Bell vengono violate. Ci si aspetta che emerga una località spazio-temporale approssimata, ma in senso stretto ogni neurone può essere connesso a ogni altro neurone e quindi il sistema non deve essere locale.

Ti dispiace espandere il modo in cui questa teoria si riferisce alla selezione naturale? In che modo la selezione naturale influisce sull’evoluzione di strutture complesse/cellule biologiche?

Quello che sto dicendo è molto semplice. Esistono strutture (o sottoreti) della rete neurale microscopica più stabili e altre strutture meno stabili. Le strutture più stabili sopravvivrebbero all’evoluzione e le strutture meno stabili verrebbero soppiantate. Su scale più piccole mi aspetto che la selezione naturale dovrebbe produrre alcune strutture di complessità molto bassa come catene di neuroni, ma su scale più grandi le strutture sarebbero più complicate. Non vedo alcun motivo per cui questo processo dovrebbe essere limitato a una particolare scala di lunghezza e quindi l’affermazione è che tutto ciò che vediamo intorno a noi (ad esempio particelle, atomi, cellule, osservatori, ecc.) è il risultato della selezione naturale.

Sono stato incuriosito dalla tua prima email quando hai detto che avresti potuto non capire tutto da solo. Cosa intendevi con questo? Ti riferivi alla complessità della rete neurale stessa o a qualcosa di più filosofico?

Sì, mi riferisco solo alla complessità delle reti neurali. Non ho nemmeno avuto il tempo di pensare a quali potessero essere le implicazioni filosofiche dei risultati.

Devo chiedertelo: questa teoria significherebbe che stiamo vivendo in una simulazione?

No, viviamo in una rete neurale, ma potremmo non sapere mai la differenza.

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Per lo storico gli uomini non nascono da vergine e soprattutto non risorgono. Ritrovare la tomba e le ossa di un personaggio storico, specie quelli vissuti in epoche remote, è un fatto rato ma quando accade rappresenta una scoperta di straordinario interesse, specie se il personaggio è stato mitizzato dai suoi contemporanei al punto che si puó, legittimamente, persino dubitare della sua esistenza.

Per quanto incredibile possa sembrare a molti che non sono aggiornati sulle recenti scoperte, non è cosí per Gesú.

Ricapitoliamo tutti gli elementi storici ed archeologici che ci consentono, con sicurezza, di affermare che finalmente abbiamo ritrovato la sua tomba, sappiamo come e quando fu trafugato il suo corpo e possediamo, probabilmente, anche il sudario che lo contenne sul quale attraverso un noto processo fisico-chimico, si è impressa per ossidazione l’immagine del suo corpo.

Esponiamo ed analiziamo tutti questi elementi.

[1] V.Vanchurin, “Towards a theory of machine learning”, Machine Learning: Science and Technology, https://iopscience.iop.org/article/10.1088/2632-2153/abe6d7

[2] V.Vanchurin, “Il mondo come rete neurale”, Entropy 2020, 22(11), 1210, https://www.mdpi.com/1099-4300/22/11/1210

[3] M.Katsnelson e V.Vanchurin, “Quantità emergente nelle reti neurali”, https://arxiv.org/abs/2012.05082

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Sabato Scala, Ingegnere elettronico e ricercatore indipendente, ha elaborato e sperimentato nuove teorie e modelli matematici nei campi della Fisica dell’Elettromagnetismo, delle Teorie dell’Unificazione, dei modelli di simulazione neurale. In quest’ultimo ambito ha condotto ricerche e proposto una personale teoria dei processi cognitivi e immaginativi suggerendo, sulla base della teoria di Fisico tedesco Burkhard Heim e del paradigma olografico prima, e della fisica del vuoto superfluido negli ultimi anni, la possibilità di adozione del suo nuovo modello neurale per la rappresentazione di qualunque processo fisico classico o quantistico