Una grande lezione di vita

La vita è la nostra favola quotidiana: siamo qui per trovarne ogni giorno la morale ed imparare una nuova lezione. 

Come diceva il grande Eduardo De Filippo:<<gli esami non finiscono mai!>>, quello che dimenticava di dire è che questa scuola ce la siamo scelti prima di arrivare qui e, seppure ne siamo coscientemente gli allievi, siamo inconsciamente i docenti che orchestrano la nostra quotidiana lezione tessendo giorno per giorno lo scenario che chiamiamo “realtà” e costruendo, senza rendercene contro, il nostro quotidiano esercizio di vita.

Diamo poco peso ai sogni, ma i sogni sono sintesi talora straordinarie delle nostre lezioni e essi stessi un libro di insegnamenti tutto da leggere e da interpetrare.

Questa notte, come quasi ogni notte, i sogni mi hanno riassunto il senso di una importante lezione che mi era sfuggita; per fortuna ho imparato ad ascoltarli e ad ascoltarmi facendo forza sulla mia interiore arroganza.

Ecco la nuova lezione che in parte conoscevo, ma che nella sua parte più saliente mi era sfuggita.

La parte che conoscevo è che

quando reagiamo oltrepassando i limiti del nostro quotidiano agire: arrabbiandoci, addolorandoci, intristendoci oltre misura, quello è solo l’inizio e l’indizio che abbiamo qualcosa di importante che dobbiamo ancora imparare su di noi.

C’è, poi, una parte che non conoscevo e che stanotte lo straordinario teatro personale del sogno notturno mi ha messo in scena obbligandomi a tornare dietro il banco a studiare.

Nella vita ci sono schemi che ci imprigionano e di cui solo in parte possiamo avere il controllo.

Questi schemi, queste regole, questi binari sociali in cui la vita ci conduce giorno per giorno, costruiscono la nostra prigione fittizia e ci fanno sembrare che tutto ciò che è importante nella vita sia puramente materiale: il lavoro, il successo, il denaro, la posizione sociale, la scuola, le regole di vita e così via.

C’è sempre qualcosa che gli “schemi sociali” ci presentano come “più importante” di ciò che amiamo davvero, delle nostre passioni, dei nostri interessi, dei “giochi” che donano gioia alle nostre giornate e delle passioni e degli amori che danno luce e vita ai nostri giorni

C’è sempre un “problema” che, con fare mediatico, ogni giorno ci viene posto di fronte e di fronte al quale siamo impreparati, “dobbiamo” agire, “fortemente dobbiamo” dimostrare d’essere capaci ed in grado di affrontarlo per guadagnarci la stima del quotidiano “padrone” della nostra vita.

Eppure ogni “padrone” non è altro che un parassita che scarica su di noi la sua incapacità di procurarsi da vivere in maniera diversa dallo schiavizzarci, e che scarica su di noi le sue frustrazioni e la sua impronunciabile incapacità di “realizzare” con le sue mani e a prezzo della sua fatica ciò che chiede a noi.

In vari momenti della vita siamo schiavi di questi “padroni” che a volte hanno un corpo fisico, altre volte sono immateriali “schemi sociali”, questo è particolarmente vero quando ci fanno sentire “piccoli” in tutti i sensi: o per età, o per collocazione sociale.

In altri momenti, ingabbiati da questi “schemi sociali”, diveniamo noi stessi “padroni” e lo facciamo quando diventiamo “grandi” e diventiamo genitori, o “capi” di qualche “catena di montaggio” in cui la vita lavorativa ci ha imprigionato.

Eppure non c’è nessuno più libero e più capace dello schiavo e del piccolo.

Egli è schiavo ed è piccolo proprio perché ha in se grandi potenzialità, capacità di produrre con il proprio ingegno e la propria fantasia, le proprie mani, energia a profusione per dare “vita” a qualunque straordinaria desideri realizzare, doti che attendono solo di essere messe in atto, ma soprattutto grande passione, amore per la vita, desiderio di “fare”, di “amare” di “vivere” e profondo senso anarchico di libertà.

Di questa “vita” si nutrono i parassiti e ci nutriamo noi stessi quando diventiamo “grandi” ovvero quando diventiamo prigionieri eterni dei nostri “schemi sociali” e delle regole.

Ed ecco la lezione che il teatro onirico mi ha regalato questa notte riassumendo gli errori di cui credevo arrogantemente d’essermi già liberato, in particolare; devo ringraziare mio figlio che ieri mi ha dato una piccola grande lezione offrendomi l’occasione di osservarmi da vicino.

Ciò che davvero conta è ciò che il nostro cuore ama, ciò che ci da gioa vera e profonda, quel fuoco e quella passione che non si spegne mai, tutto il resto è solo il corollario necessario degli “esercizi di vita”: sia esso il nostro lavoro o la scuola, sia l’attività complessa che quotidianamente ci attende o quella materia ostica che ci tormenta insieme al padrone di turno che chiamiamo “insegnante”.

Tutto è corollario ed è meno importante delle cose che amiamo. 

Certo, va fatto al meglio perché è il nostro “esercizio di vita” che ci siamo scelto prima di metter piede in questo mondo,

ma nulla può essere fatto al meglio se sacrifichiamo le nostre passioni e se non pieghiamo e conciliamo i nostri “doveri sociali” alle nostre passioni e non viceversa.

Nelle nostre passioni c’è il fuoco dei “piccoli” da cui i “grandi” si nutrono come affamate sanguisughe, per trasformare i “piccoli” in “schiavi” al loro servizio e fare ciò che non riescono più a fare: vivere con passione.

Ecco perché grandi e padroni quotidiani ci spingono a rinunciare ogni giorno alle nostre passioni per trasformare i loro bisogni nei nostri bisogni, insegnandoci che il loro inferno e le loro “regole” sono l’unica cosa importante e quella per la quale dovremmo avere davvero “passione”.

Se sacrificheremo ciò che davvero amiamo per i nostri “padroni” più o meno in carne, per le “regole sociali”, per il denaro, la posizione sociale, l’opportunità immancabile, la materia ostica, l’immancabile pezzo di carta con cui “il padrone” di turno, il “grande”, schiavizza i piccoli, allora si che perderemo davvero quello che ci rende vivi: la nostra passione per la vita e con esso il nostro tempo e la vita stessa che nessuno ci darà più indietro.

In questo modo alimenteremo la nostra insoddisfazione quando raggiungeremo quell’ ”obiettivo sociale” che ci hanno insegnato a mettere prima di ogni cosa, prima di noi stessi e delle nostre passioni, dei nostri amori.

In questo modo genereremo eterno rimpianto per il tempo perduto e per quel fuoco che il padrone di turno ci ha insegnato a spegnere per servire il “superiore interesse”, ovvero tutto ciò che è costruisce la nostra prigione ed il nostro posto da schiavo nella società.

Tutto ciò che diciamo “importante” e che crediamo tale riusciremo a farlo e a farlo bene compiendo il nostro “dovere sociale” solo se non rinunceremo mai alle nostre passioni, usando il nostro genio e la nostra inventiva per trovare un posto, il tempo e lo spazio per collocare i nostri “doveri” tra ciò che ci rende vivi: la passione, l’amore.

E quando avremo il nostro “territorio” con i nostri “schiavi” e saremo “grandi” e “padroni”, l’aver portato dietro di noi quella passione per le nostre passioni ci consentirà di capire che i nostri “schiavi” devono diventare assai meglio di noi ed imparare a coltivare le loro passioni, dando tempo all’amore, che è l’unico sentimento che sintetizza la parola “vita”.

Più “lavoreranno” seguendo le loro passioni ed inclinazioni e non i nostri “ordini”, e più faranno l’interesse comune ed anche il nostro e saranno davvero liberi dalla schiavitù divenendo uomini felici in una società in continuo reale e “passionale” progresso, senza più “padroni” e “regole esterne” ma con uomini e donne veri, liberi e realizzati nel profondo.

Questo dovrebbe essere l’unico compito e l’unica quotidiana lezione che un genitore dovrebbe insegnare ai propri figli e che un “capo”, vero ed illuminato, dovrebbe adoperarsi a compiere per gestire il suo territorio sia esso una azienda, un ente privato o pubblico, una nazione intera: imparare ad ascoltare le passioni dei propri figli o collaboratori ed adoperarsi quotidianamente perché ciascuno possa mettere a frutto il più possibile tutta la sua passione nell’interesse comune rispettando, si, le regole ma senza dover rinunciare e ai suoi amori ed affetti, in sintesi un vero “capo” dovrebbe “servire” e lavorare per la felicità altrui oltre che per la propria.

E per chiudere una piccola grande parola che davvero cambia la vita: imparate a pronunciarla ogni giorno, ogni istante, specie quando le cose vanno male con un filo di ironia.

E’ una parola che, usata con costanza, cambia il vostro modo di vedere il mondo e quello con cui quelli che vi sono vicini lo vedranno.

E’ una parola davvero magica, imparatela e recitatela come un mantra, come un talismano, come una potente pozione da usare senza alcuna controindicazione ma con infiniti e sempre più vasti benefici:

MERAVIGLIOSO!

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Sabato Scala, Ingegnere elettronico e ricercatore indipendente, ha elaborato e sperimentato nuove teorie e modelli matematici nei campi della Fisica dell’Elettromagnetismo, delle Teorie dell’Unificazione, dei modelli di simulazione neurale. In quest’ultimo ambito ha condotto ricerche e proposto una personale teoria dei processi cognitivi e immaginativi suggerendo, sulla base della teoria di Fisico tedesco Burkhard Heim e del paradigma olografico prima, e della fisica del vuoto superfluido negli ultimi anni, la possibilità di adozione del suo nuovo modello neurale per la rappresentazione di qualunque processo fisico classico o quantistico