La Pietra di Bologna: segreto di un un antico filone iniziatico italiano

La Pietra di Bologna è un’iscrizione latina per Aelia Laelia Crispis, risalente probabilmente al XVI secolo, anche conosciuta come enigma di Aelia Laelia Crispis.

È incisa su una pietra rettangolare,  si tratta di una falsa iscrizione funeraria dedicata da un uomo, che si nascose dietro lo pseudonimo di Lucius Agatho Priscius, a una misteriosa donna definita Aelia Laelia Crispis.

I primi riferimenti alla pietra di Bologna compaiono in alcuni documenti del XVI secolo.

In particolare, l’erudito belga Giovanni Torre, ospite di Marcantonio Volta presso nel complesso di Santa Maria di Casaralta, lo notò su una parete della chiesa e ne citò il testo in una lettera indirizzata a un collega inglese.

Da allora l’iscrizione è stata annotata spesso nei diari di viaggio o nella corrispondenza degli ospiti dei Volta.

Una menzione ancora precedente è contenuta in una lettera dell’arcivescovo di Cagliari Antonio Parraguez de Castillejo diretta a Juan Paz del 3 dicembre 1559.

Il prelato sostiene che si tratti di una iscrizione funeraria rinvenuta nell’Isola da “dos medicos ornados de buenas letras humanas” (“Due medici fini conoscitori della letteratura”).

Uno di loro è certamente il filosofo e protomedico sassarese Gavino Sambigucci, il quale fu a Bologna presso il Volta qualche tempo dopo.

Il complesso di Casaralta, oggi stabilimento militare, era stato eretto nel XIII secolo quale priorato dell’Ordo Militiæ Mariæ Gloriosæ, meglio conosciuto come ordine dei frati gaudenti.

Nel 1550 il complesso diventò una commenda e fu assegnato ad Achille Volta, che lo ampliò e ne arricchì gli interni con particolari stravaganti: un caminetto con le fattezze di un’enorme maschera, la cui bocca larga tre metri costituiva l’apertura; il dipinto di un rinoceronte con il motto “No vuelo sin vencer” (“non volo senza vincere” in spagnolo); un bassorilievo di marmo al di sotto del quale compariva la scritta “Asotus XXX“.

Il testo dell’iscrizione potrebbe essere stato concepito in questo clima da cenacolo umanistico, vicino al mistero, all’allegoria e all’esoterismo.

Nel XVII secolo la dimora fu abitata dal senatore Achille Volta, omonimo del suo antenato, che fece ricopiare il testo – ormai illeggibile – su una nuova lastra di marmo rosso.

Questa copia è la “pietra di Bologna” oggi visibile.

In questo rifacimento il testo ha perduto tre versi finali che forse comparivano nella versione originale:

« Hoc est sepulchrum intus cadaver non habens
Hoc est cadaver sepulchrum extra non habens
Sed cadaver idem est et sepulchrum sibi »

«Questo è un sepolcro che non contiene alcuna salma
Questa è una salma non contenuta in alcun sepolcro
ma la salma e il sepolcro sono la stessa cosa »

Secondo Richard White queste righe sono la traduzione di un antico epigramma greco attribuito ad Agatia lo Scolastico.

Il testo sarebbe stato latinizzato dapprima da Decimo Magno Ausonio e, un millennio dopo, da Poliziano.

La lapide scampò al bombardamento aereo che nel 1943 distrusse parte dell’antico complesso di Casaralta.

Attualmente l’iscrizione, restaurata nel 1988, è conservata a Bologna presso il lapidario del Castellaccio del Museo Civico Medievale di Palazzo Ghisilardi-Fava, assieme a un’altra più piccola che ne ricorda la trascrizione per opera del senatore Volta.

Interpretazioni fino ad oggi avanzate

L’iscrizione di Aelia Laelia Crispis ha sempre suscitato grande interesse, specie in ambito alchemico.

Ecco alcune delle principali soluzioni proposte già nel XVI secolo:

  • Niobe (Richard White, XVI secolo)
  • Una delle amadriadi, ovvero una ninfa delle querce (Ulisse Aldrovandi, XVI secolo)
  • L’acqua piovana (Michelangelo Mari, XVI secolo).

Tra le interpretazioni più fantasiose vi è anche una lettura di ispirazione alchemica del testo, che faceva riferimento alla pietra filosofale.

Secondo questa teoria, interpretando il testo correttamente si potrebbe giungere a sintetizzare la famosa pietra, chimera degli alchimisti.

Nel XVII secolo il letterato Emanuele Tesauro ha sostenuto che la lapide “sarebbe bastata da sola alla fama di Bologna”.

Lo storiografo Serafino Calindri nelXVIII secolo affermò che “celebre ed insigne sarebbe stata Bologna, se altro ancora non avesse avuto e contenuto in sé stessa, che questa enigmatica lapide”.

Una trattazione dell’argomento si deve anche a Carl Gustav Jung.

Le interpretazioni più recenti vogliono che l’iscrizione non sia altro che un gioco umanistico, uno scherzo, un’invenzione erudita per far scervellare gli interpreti.

La mancanza di una soluzione univoca lascia spazio all’immaginazione letteraria. Gérard de Nerval cita Aelia Laelia in due racconti: Pandora e Le Comte de Saint-Germain.

In precedenza, nel 2000, l’editore Diabasis aveva pubblicato il volume Aelia Laelia-Un mistero di pietra, raccolta di 11 racconti gialli ispirati al mistero della pietra, scritti da autori emiliani e romagnoli, tra cui Valerio Massimo Manfredi, Giuseppe Pederiali, Danila Comastri Montanari, Piero Meldini e Valerio Varesi.

Il testo

« D.M.
Aelia Laelia Crispis
né uomo, né donna, né androgino
né bambina, né giovane, né vecchia
né casta, né meretrice, né pudica
ma tutto questo insieme.
Uccisa né dalla fame, né dal ferro, né dal veleno,
ma da tutte queste cose insieme.
Né in cielo, né nell’acqua, né in terra,
ma ovunque giace,
Lucio Agatho Priscius
né marito, né amante, né parente,
né triste, né lieto, né piangente,
questa né mole, né piramide, né sepoltura,
ma tutto questo insieme
sa e non sa a chi è dedicato.
Questo è un sepolcro che non contiene alcuna salma
Questa è una salma non contenuta in alcun sepolcro
ma la salma e il sepolcro sono la stessa cosa »

La soluzione nei testi di Nag Hammadi

L’Enigma della Pietra di Bologna, può essere risolto, a mio avviso, grazie antichi testi gnostici cristiani ritrovati nel 1945 in Egitto che sembrano prospettare, non solo lo stesso argomento della pietra ma anche lo stesso “stile” di scrittura, evidentemente imitato da chi quei testi dovette, in qualche modo, conoscere ancor prima del ritrovamento del 1945, forse nel ricordo di qualche scuola iniziatica di carattere post-gnostico cristiano.

I testi che presentiamo sono parte dell’intero archivio di tutti e 52 i testi, tradotto in italiano e disponibile sul Sito della Scuola di Saggezza insieme ad un vasto archivio di Seminari multidisciplinari dedicati al tema della Saggezza.

Ci riferiamo in particolare :

La ricerca della Scintilla Divina: come sono arrivato alla Pietra di Bologna

La Pietra di Bologna e questi due magnifici testi gnostici che, a mio avviso, hanno ispirato varie scuole iniziatiche sorte a partire dal XIII secolo in Italia come il gruppo dei Fedeli d’Amore, mi da l’occasione per la consueta riflessione con cui provo a spingermi oltre il contingente.

Ho imparato ormai, nella mia personale ricerca della scintilla divina, che tutto ciò che mi viene offerto dalla vita ha un senso che scoprirò solo con il tempo.

questo senso  va oltre l’esperienza che ci vede coinvolti  che é  utile, ma solo se la comprendiamo e la compenetriamo inquadrandola nel nostro personale cammino. Tali esperienze servono, inoltre,  a renderci, più o meno consapevolmente, strumenti per il camino di coloro che frequentiamo.

Ma vengo al punto.

Negli ultimi anni, ho messo insieme tutte le indagini da me in precedenza condotte, sia in ambito storico-religioso, che  magico-esoterico, passando per quello filosofico, attraverso quelle sulla psiche fino alle quelle dedicate alle equazioni dell’Universo fisico che stanno dietro la teoria  che io e Fiammatta Bianchi abbiamo ribattezzato, Fisica di Dio.

Lungo questo percorso di raccolta e revisione sono arrivato ad alcune risposte inerenti l’esistenza, il comportamento, l’origine e la natura di tutto quello che esiste in questo universo a partire dalla sua più intima e pervasiva: il vuoto, nella cui natura e dinamica si cela, a mio avviso, il segreto di ciò che  chiamiamo “vita” e “spirito.

Ma le equazioni che mostrano, la natura “intelligente” della creazione, da me individuate, mostrano una intelligenza che Non può corrispondere a alla voce che grida nel profondo.

Quella voce  ciascuno di noi la ode più o meno distintamente, e che accomuna molti uomini su questo pianeta.

Alcuni la chiamano “Fuoco Divino”.

C’è qualcosa che arde nel cuore, che ci chiama senza sosta, e ci “Muove” alla ricerca, che non ha nulla di ciò che possiamo sperimentare e cercare in questo universo e va ben oltre il vuoto intelligente delle mie equazioni.

La gnosi antica dei testi di Nag -Hammadi, in ogni sua pagina, ci ricorda che esiste una profonda differenza tra il Dio Intelligente e Giusto che ha creato questo mondo e che può essere ricercato, conosciuto ed analizzato e, viceversa, il Padre ed il Regno che Egli abita, oltre la cortina di questo Universo.

Le equazioni della Fisica di Dio confermate anche da una analisi delle più moderne teorie sula natura fluidica del quoto quantistico, sono in grado di descrivere, e dimostrare la reale esistenza di questo Dio panteistico paragonabile a quello intuito da Giorgdano Bruno, e persino di predire alcuni elementi del comportamento di questo Dio Inferiore. Il Vuoto Neurale che emerge da queste equazioni,  si dimostra, in tutto e per tutto, simile a quello che gli gnostici cristiani, e molti filosofi prima di loro, avevano già individuato e denominato Demiurgo.

Ma qualcosa nel profondo, mi fa percepire la  aridità di questa, se pur importante ricerca.

E’ da questa intuizione del cuore, più che della ragione, che mi é apparso chiaro che questo tipo di dio é un dio morto, che muove cose morte, che non ha nulla della “Vita” che si percepisce in quella voce che chiama da dentro.

Completata la raccolta dei miei studi, quindi, e  costatatone il limite avevo iniziato ad individuare una strada diversa ed un approccio nuovo.Mi si presentavano  due alternative.

La prima era rinunciare alla ricerca nella consapevolezza che nulla di ciò che è materiale ha attributi e qualità che sono in comune con questa “scintilla” che gli gnostici cristiani ben conoscevano, ed in tal senso la ricerca è vana in questo Universo e con i mezzi a nostra disposizione.

Ma allora perché quella voce ci chiama?Perché ci spinge a cercarla, se non fosse possibile trovarne l’origine?

Così provato ad ipotizzare una diversa possibilità:

Deve esistere, come gli antichi gnostici sostenevano, un disegno nascosto che va oltre questo mondo e che guida, il progetto dell’Universo  oltre gli “automatismi” della intelligenza del “vuoto” che lo forma.

Questa “Entità” potrebbe funzionare in mosto analogo a quello con cui opera il vuoto neurale sulla mente umana.

Il Vuoto quantistico e, secondo la mia teoria, neurale, interagisce con la mentre tramite l’effetto quantistico della tubulina,  così come previsto anche nella teoria di Penrose e Hameroff .

Questo “Qualcosa” di “altro” e di esterno a questo Universo, invece, come il vuoto neurale che  guida di “nascosto” i neuroni del nostro cervello, potrebbe operare, a sua volta sul vuoto stesso, esternamente ad esso in modo simile, ma non uguale!

L’entità che opera in questo modo, ed il suo disegno non potrebbero essere osservati direttamente.

E’, infatti, già difficile distinguere quanto proviene dalla interazione con il vuoto neurale e quanto proviene dalle creazioni della nostra mente, figuriamoci afferrare qualcosa della “Entità” (ammesso che esista) che a sua volta “guida” il Vuoto!

Ma, almeno stando a quello che dicevano gli gnostici, questa “Entità” esterna all’Universo e distinta da esso, può essere percepita  attraverso le “ombre” che proietta in questo Universo.

Tali Ombre, con una metafora amata dagli gnostici, si  riflettono sulle “acque” del vuoto intelligente e nelle forme materiali di tutto ciò che esiste e che esso crea.

Ma è tutto troppo filosofico per poter essere concepito intellettualmente. E allora?

Rinunciare alla comprensione intellettuale è impossibile perché solo con essa possiamo rappresentarci questo modo, per “leggerelo”, e solo attraverso di essa possiamo iniziare il percorso per intravedere l’”Altro”.

Del resto è anche vero che se non seguiamo la natura intellettuale e “scientifica” della correlazione “intelligente” tra le cose di questo Universo, che si forma con “immagini” provengonienti dall’”altro”, non arriveremo mai alla “scintilla” che non è di questo mondo.

Che fare? Era un dilemma che mi ponevo sapendo che nessuna domanda viene lasciata senza risposta dalla scintilla che brilla in noi.

L’essere ritornato, per gli impegni di cui dicevo, a occuparmi di antiche ricerche con le vecchie tecniche minuziose e puntigliose, con cui indago nei meandri degli enigmi, mi stava inaridendo.

Ecco, però, che dal nulla mi é spuntato fuori l’avvincente enigma della Pietra di Bologna.

Un oggetto che fino ad allora neppure sapevo esistesse.

La soluzione è balenata senza dubbi ed incertezze,  dai nei testi gnostici che avevo tradotto decine di Anni prima: Il Tuono Mente Perfetta, la Protoennoia Trimorfica .

Erano documenti che credevo di conoscere come le mie tasche ma che, evidentemente, avevano necessità dì’esser letti  per scoprirne una nuova, eppure antichissima chiave di lettura.

E’ come se avessi ricevuto quella che per gli gnostici era la “lettera del Logos” . E’ questa la metafora, infatti, con cui negli Atti gnostici di Tommaso, viene identificato un evento, o un insieme di eventi in apparenza straordinari, ma che sembrano accadere solo per offrirci una risposta necessaria ed importante per il nostro “cammino”.

Ebbene in modo semplice, forse burlesco come ben suppose Jung che la studiò, la Pietra di Bologna mi ha riproposto la medesima risposta che era già presente nei testi gnostici, con il medesimo linguaggio ma con il velo della ironia che aiuta quando ci si stà prendendo troppo sul serio: occorreva che tornassi a cercare la Scintilla Divina, quella che la Pietra chiama Aelia Laelia Crispis.

La ricerca della Scintilla  però, non va, in nessun caso, condotta cadendo nella trappola dell’enigma intellettuale, come suggerisce l’ironia della Pietra, ma coltivando la passione, l’ascolto del cuore che supera le contraddizioni, proprio come fa il Marito che confessa al mondo il suo amore pur nelle contraddizioni e nella incapacità di riuscire a darne una descrizione compiuta (proprio come ci ricorda il Tuono Mente Perfetta).

La pietra ci ricorda che più ci addentriamo nell’enigma intellettuale e più Ella si allontana da noi e “muore”.

Eppure, come ricorda sia la Pietra sia i documenti che ho citato, ella è ovunque e nascostamente si proietta in ogni cosa, ma non è assolutamente nulla di ciò che vediamo.

La Scintilla non è misurabile in alcuno dei modi scientifici e di certo neppure con quelli con cui ho valutato, scovato ed analizzato il “vuoto neurale” che compone questo Universo.

La Scintilla è una sfida, un paradosso che va scoperto e cercato per immagini, afferrandolo nelle proiezioni che lascia in questo modo, ma abbandonando e disprezzando ogni soluzione che abbiamo ricavato, sapendo che quella è solo una Immagine e non la Scintilla e che solo abbandonando tutto ciò che é di questo mondo, dopo averlo ardentemente trovato ed ottenuto,  ritroveremo Lei.

Concludendo

Qualcuno mi ha con l’umiltà del vero ricercatore, fatto presente che non aveva capito nulla di ciò che stavo provando a dire e che era scritto nei testi e, paradossalmente, gli ho detto quello che questi testi dicono: bene!! Allora hai capito tutto!!

Il segreto della ricerca è nella domanda, nella successiva risposta alla domanda, nel rifiutare quella risposta come esaustiva e alla fine rigettarla come veleno, perché errata, perché parziale perché forviante.

Questo il paradosso della Scintilla, della Aelia Clelia della Pietra di Bologna e di suo marito, questa la burla che pur essendo burla non lo é.

Gli anagrammi e gli enigmi  ci attraggono, ma rincorrendoli se ci infiliamo nei meandri della numerologia, delle permutazioni, dei sistemi di cifratura: facendo così non ne usciremo che morti dentro.

Ciò che conta è capire il senso del paradosso di questa ricerca (insito) nel fatto che cerchiamo qualcosa che non è di questo mondo e che è dentro di noi.

 

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Sabato Scala, Ingegnere elettronico e ricercatore indipendente, ha elaborato e sperimentato nuove teorie e modelli matematici nei campi della Fisica dell’Elettromagnetismo, delle Teorie dell’Unificazione, dei modelli di simulazione neurale. In quest’ultimo ambito ha condotto ricerche e proposto una personale teoria dei processi cognitivi e immaginativi suggerendo, sulla base della teoria di Fisico tedesco Burkhard Heim e del paradigma olografico prima, e della fisica del vuoto superfluido negli ultimi anni, la possibilità di adozione del suo nuovo modello neurale per la rappresentazione di qualunque processo fisico classico o quantistico