Un imbarazzante monumento funerario alla Gnosi Cristiana nel cuore di Roma: l’Ipogeo degli Aureli – SECONDA PUNTATA

Proseguo questa seconda puntata della mia analisi del ciclo pittorico che ritroviamo sulle paredi dell’Ipogeo degli Aureli in Roma, con la mia proposta di interpretazione degli affreschi del primo ambiente .

L’affresco del pastore Maestro

Un altro singolare affresco del primo ambiente ipogeo, é quelo di , un pastore che sembra leggere un rotolo al suo gregge. Nella figura ho ne ho ingrandito il volto nel riquadro blu e ho aggiunto una delle prime immagini del Gesú barbuto del IV secolo (un secolo successivo a quella dell’affresco) sita nella catacomba di Commodilla.

La somiglianza del volto dle pastore alla cassica iconografia del Cristo é, a mio avviso, evidente. Qualora si dimostrarre la provenienza gnostica dle sito, questa sarebbe anche la prima rappresentazione nota del volto barbuto di Gesù

La frattura lacuna centrale nell’affresco e quella laterale dell’affresco non consentono di determinare il numero esatto delle percore presenti e, quindi, avere un raffronto certo con una possibile immagine del buon pastore.

Nel complesso, se contiamo anche la testa dell’ovino che appare sopra la frattura centrale e le sue che si intravedono subito sotto a sinistra della frattura, abbiamo un totale di 10 pecore, ma non possiamo escludere che le vaste lacune non ne contenessero altre due.

Se così fosse avremmo una rappresentazione unica del buon pastore che, non solo pascola le pecore, ma seduto su una pietra sta leggendo loro un rotolo con un possibile richiamo, iconograficamente unico, al trasferimento della Gnosi da parte di Gesù ai discepoli metaforicamente rappresentati come gregge di 12 pecore.

L’affresco dell’ingresso del cavaliere in città

Passiamo, ora, al grande e complesso affresco che orna la parete est del primo ambiente sotterraneo (al centro a destra nella imagine, lo mostro nella sua interezza) e che si snoda immediatamente a destra dell’affresco del pastore filosofo (come si vede in figura).

Pochi studiosi (oggi praticamente più nessuno), hanno voluto cogliere in questo affresco, l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e varie sono state le proposte di identificazione della città che riempie il finto arcosolio destro. Molti vi hanno visto Roma identificando la linea verde che percorre le mura, con il Tevere.

Eppure vari sono gli elementi che, a mio avviso, spingono a vedervi un ingresso trionfante di Gesù nella capitale sacra del regno di Giudea.

Partiamo proprio dal Cavaliere raffigurato al centro.

Alcuni hanno notato l’abbigliamento privo di armamento ed il suo recare nella mano destra un rotolo, per questo vi hanno visto un qualche messaggero latore di un importante messaggio per i capi della città a destra.

Io aggiungerei, a questa corretta analisi, il fatto che il cavaliere viene raffigurato a piedi scalzi, e quindi sta per fare ingresso in un luogo, o una città, santa. L’essere scalzi, infatti, entrando in un luogo santo é un gesto di riguardo di frequente richiamato nella Bibbia.

Se ipotizziamo, come hanno proposto molti dei primi studiosi, un collegamento del ciclo pittorico ad una qualche setta gnostica, la “lettera“, di cui é latore il messaggero, come ricorda Hans Jonas, é una delle principali metafore della Gnosi. Essa é il messaggio contenente la Gnosi stessa, che Dio Padre affida al Figlio-Logos, con il compito di insegnarla agli uomini.

In questo senso, l’affresco precede cronologicamente l’ingresso e raffigura il Gesù Buon Pastore che insegna ai dodici (si vedono solo 10 capre ma, come detto, vi sono due grosse lacune) la Gnosi srotolando un papiro che resta, però, chiuso tra le sue mani, mentre entra in Gerusalemme.

Gli attributi della tunica bianca a righe verticali rosse, accomunano la veste del cavaliere a quella indossata dal Pastore, ma anche a quella indossata dal terzo commensale al banchetto che abbiam descritto nel rpecedente articolo, che ho ipotizzato sia Gesù unto dalla donna alle sue spalle.

Tutto questo rimarrebbe una delle tante ipotesi, se non vi fossero altre importanti e singolari coincidenze posizionali, formali e geografiche tra la città dell’affresco e l’antica Gerusalemme.

Notiamo che il cavaliere entra in città (come propongono svariati studiosi moderni) dalla porta che si trovava a sud-est di Gerusalemme, la porta degli Esseni.

Questa porta dava direttamente sul quartiere sul Monte Sion che occupava l’intero lato sud-est della città, fino a lambire il muro che divideva il lato nord da quello sud della città stessa, e che terminava ad est, tra la fortezza Antonia ed il Tempio di Gerusalemme.

Il quartiere era abitato, appunto, da una comunità essena.

Un palazzo sorgeva subito a nord di questo quartiere e lambiva le mura che abbiamo precedentemente citato: era il maestoso palazzo di Erode. L’edifico a destra al centro della città, come mostrato in figura, sembra corrispondere sia per posizione che per dimensione al palazzo di Erode.

Più grande del palazzo, ma collocato esattamente all’opposto ad est e al centro della città, come detto, vi era il Tempio di Gerusalemme che aveva una triplice cinta muraria e un ambiente centrale corrispondente al Santo dei Santi. Il muro est del Tempio lambiva le mura ad est della città, come nell’affresco.

Questo edificio sembra corrispondere esattamente con quello al centro a sinistra nella città dell’affresco.

Nel dipinto si nota, infatti, un qualche edificio centrale all’interno di mura esterne, proprio come era posto il Santo dei Santi nel Tempio.

Si noti, inoltre, la corrispondenza con mappa della antica Gerusalemme, compreso il fatto che un muro, nell’affresco, parte dal primo palazzo e arriva al secondo grande edificio, esattamente come avveniva nella antica città.

Ma la coincidenza più suggestiva tra la città e la pianta della antica Gerusalemme, é la perfetta sovrapponibilità tra la forma del muro sud, con relative curve e rientri.

Una così vivida e precisa rappresentazione, spinge a credere che l’autore di questo affresco ben conosceva la antica Gerusalemme e ne mostra una rappresentazione assai precisa, che stride fortemente, ad esempio, con la fantasiosa e approssimativa mappa della città che troviamo nel mosaico di Madaba.

Collegamento storico con la predicazione dell’Ebionita Alcibiade di Apamea a Roma

Come avevo ricordato nel precedente articolo, l’ipogeo e gli affreschi furono realizzati tra il 220 ed il 240 d.C. .

Proprio tra il 217 ed il 220 giunge a Roma Alcibiade da Apamea, per portare nella capitale il pensiero gnostico giudeocristiano degli Elcasaiti, derivato dal pensiero Ebionita. Direi che anche questa é una ulteriore suggestiva coincidenza che, almeno per quello che ho letto, mi sembra essere sfuggita anche agli studiosi che hanno proposto una lettura gnostica degli affreschi.

L’affresco della parete di fondo del primo ambiente

Dopo quello che ritengo essere l’affresco della Utlima Cena nella parete destra, già descritto nel precedente articolo, quello di Gesù come Pastore che legge un rotolo alle capre e dell’ingresso di Gesú in Gerusalemme, per completare l’analisi degli affreschi del primo ambiente non resta che analizzare quelli della parete di fondo.

L’affresco è diviso in due parti che raffigurano cinte murarie a due diversi livelli di altezza riconoscibili per la differente grandezza prospettica delle mura e dei personaggi.

A destra abbiamo un podere con una triplice cinta, al centro due alberi di ulivo, nella palizzata circostante 3 personaggi in tonaca bianca cui uno in tonaca rossa insegna, con un muro esterno con due personaggi. Eccetto per i due personaggi esterni, penso sia compatibile con una raffigurazione dell’episodio del Getsemani.

Anche la città a destra dell’affresco, mostra una triplice cinta, sebbene ,irregolare. Nell’atrio di mezzo, più ampio un personaggio centrale insegna a quelli che lo circondano.

È una raffigurazione di Gesù che parla al Tempio?

Conclusione

Cocludiamo qui la nostra analisi degli affreschi interessantissimi dell’Ipogeo degli Aureli.

Riteniamo di aver fornito una serie di importanti prove dell’inquadramento gnostico, ed in particolare gnostico giudeo-cristiani, del ciclo pittorico fornendo anche un preciso contesto storico: la predicazione di Alcibiade di Apamea a Roma, che avviene proprio nel ristretto arco di tempo nel quale l’Ipogeo fu realizzato ed affrescato.